Gianni Asdrubali. Grande Stoide.
Testo critico di Philippe Daverio
Anno 2007

E' forte l'energia che si sprigiona dalle parti degli etruschi in quella città cosìlegata alle forze telluriche da avere tremato e scosso le proprie case pochi anni orsono. E' una energia molto antica che riesce a stimolare chi crea oggi proprio quanto chi scolpiva oltre duemila anni fa. Ogni volta con la lingua che compete all'epoca. A Tuscania oggi Gianni Asdrubali ne è l'interprete, in modo potente. Lo è con la pittura, cioè con il gesto che genera la pittura, e questo gesto lo riduce alla sua essenzialità perché vi scopre il meccanismo dell'energia primordiale. Una energia che assorbe come uno stregone antico e che restituisce in una danza dionisiaca. Riesce a correre nell'ambito della pittura, ne forma lo spazio, gira nei meandri dello spazio che la materia pittorica contiene e nasconde.

Sbagliato sarebbe ridurre il suo fare ad una mera operazione gestuale poiché la gestualità è stata declinata in modi cosìdissimili da lasciare la mente in una assoluta confusione interpretativa. Vi è un gesto d'origine orientale che ha colpito artisti di grande sensibilità, da Mark Tobey in poi. Vi è un gesto subconscio e automatico che interessava i surrealisti, Henri Michaux lo ha testimoniato in modo profondo. Vi è il gesto della pittura d'azione, cosìcaro agli americani del dopoguerra. E poi vi è invece il suo, che aggredisce la materia, che vuole essere primordiale e elaborato al contempo. La sua intenzione è cosìcostruttiva da costringerlo a spostare la dimensione dei supporti, da fargli creare supporti di tela che si articolano sui muri, evitano la forma classica del rettangolo per generare uno spazio ulteriore, libero da vincoli o da obblighi ma capace di assumere una dimensione di coinvolgimento dello spettatore tale da invitarlo ad entrarvi.

Scrivo queste righe in un albergo di Hong Kong mentre sto per entrare in Cina e la distanza mi lascia l'agio di riflettere: m'impressiona pensare quanto il lavoro di Asdrubali sia profondamente europeo, anzi molto di più ancora, sostanzialmente tirrenico. Quanto è mediterranea la sua voglia di costruire, di usare le mani per mettere in piedi lo spazio e quanto questo, solo da quelle parti lìappunto, possa sorgere da quell'irripetibile pratica che consta nella fisicità della pennellata, che è poi figlia ti tutte le manipolazioni delle terre. L'antenato plasmava l'argilla per farne coperchi di sarcofagi cotti in forni magici. Il segno che lasciava sulle pieghe delle vesti, sulle facce e sulle nocche delle dita era prova d'una vita che andava oltre il regno tenebroso delle anime. Passava inalterato la porta degli inferi. Asdrubali crea curiosamente un filtro analogo che consente il passaggio da una dimensione consueta, quella della quotidianità, ad una dimensione altra, che è al contempo fisica e mentale. La distanza aiuta effettivamente a capire: l'uomo del Tirreno s'è sempre sentito, danzante, carico d'un destino speciale. Ha sempre saputo che a lui toccava il compito non di documentare o raffigurare ma di sostituirsi alla volontà degli dei per creare la dimensione altra, quella che oltre la fisicità è per destino votata al passaggio verso il mondo divinatorio dei misteri.

Philippe Daverio

gianni asdrubali stoide 2006

GRANDE STOIDE

Installazione su esterno industriale
Anno 2006