Gianni Asdrubali.
Testo critico di Cinzia Piccioni
Nuovi Argomenti
Anno 1990

Vivere o a New York o a Tuscania, non vi sono altre alternative per Gianni Asdrubali. In fondo non c'è tanta differenza tra il trasformare la propria individualità in una ferita di emarginazione nella metropoli contemporanea e, il contrario, trovarsi interamente negli spazi minimi e precisi di quella che fu una grande città etrusca. Il senso della vita in entrambe i luoghi è l'esorcizzazione dell'al di là. M a Tuscania che il presente si arresti di colpo non è un atto violento. C'è più ironia meno cinismo e l'esistenza è più esistenza. Di conseguenza Asdrubali a Tuscania segue il percorso lento di trascorrere il tempo senza annichilimento perchè sa che il centro di ogni pensiero è se stessi verso il mondoe ogni luogo è il mondo.

L'arte di Asdrubali vive il peso del decennio Ottanta, ancora interamente complesso, succube di teorie che hanno allontanato l'esperienza estetica dal suo rapporto con il vissuto. Appare sempre più probabile che la proliferazione e la disseminazione degli stili artistici, che un particolare arbitro epistemologico riteneva i segni più espliciti di questi anni, siano state reali tendenze. È vero l'opposto: l'appiattimento linguistico a stento ha salvato l'arte. Ma ciò che è stato più coinvolto nella mercificazione e dall'automatismo sono state le mode, le maniere, gli stereotipi, i simulacri, le derive o discariche che questa società che Guy Debord chiama giustamente: società dello spettacolo. Le affilate strategie che hanno intrecciato questo pseudo mondo culturale con l'arte hanno posto l'arte di fronte alla scelta di essere fuori o dentro il sistema sociale. Lo scacco del sapere estetico è stato quello di non possedere, in questo momento, un linguaggio politico, di una politicità ben diversa dal “politico” istituzionalizzato. Intendo una presa diretta con la vita che abbia saputo dare un'altra parola capace di sensibilizzare al desiderio la parola quotidiana. La civiltà del Novecento ha focalizzato la tattica dell'indifferenza in cui vengono enfatizzate quasi tutte le differenze creando una zummata potente sulle perversioni del sociale: dall'antiarte all'utopia rovesciata, dal silenzio di Duchamp, al delirio della Pop Art, alla freddezza glaciale dei Simulazionisti americani (Bickerton, Halley, Koons, Vaisman).

Il lavoro di Asdrubali appartiene a una altro percorso storico che sente profondamente l'eticità per l'arte da non rinnegarla per amarla. È il percorso di una certa pittura che oltrepassa le metafisiche, gli strutturalismi linguistici fine a se stessi. In tal modo i frammenti dello spazio reale diventano i massimi termini dello spazioartificiale del quiadro. Questa coincidenza ontologica è stata l'unicità di Boccioni e Fontana, di Pollock e Rothko, è l'unicità di Polke e di Asdrubali. Si potrebbe chiamare la lotta autonoma di un'immagine che non ha altri dati referenziali se non essere se stessa. Asdrubali, con consequenzialità, porta l'immagine verso un concetto spaziale strettamente concentrato sul movimento sapendo di usufruire di una storia altamente perfezionata sull'assenza prospettica, sui sistemi fluttuanti del segno. Ma questa moderna spazialità era ancora legata ad una priorità visiva della pittura, come se l'occhio, in un momento freddo, percepisse che in realtà esisteva una dissociazione fra l'immagine e la struttura che la sorreggeva e che in fondo ciò che era di fronte era: sempre pittura. Asdrubali ha vinto questo momento freddo dell'occhio con altrettanta intenzionalità razionale e non è il caso, qui, di scindere in dualismi ragione e istintività sensoriale poiché, ormai, queste sono logiche inacettabili.

Dunque, era necessario eliminare il superfluo del pittorico, scendere al minimo, quasi allo zero del taglio di Fontana, anzi recuperarlo come gesto e segno e farlo diventare materia, proliferarlo in corpo diverso, completamente aperto ad ogni estensione. Così, Asdrubali ottiene un'immagine che è sola ma direttamente collegata con il tutto. Ora l'istantaneità dell'immagine trascende la pittura assimilandola come parte sensoriale e mentale intrinseca alla sua esistenza biologica. Non vi sono dubbi che l'opera quando tracsende il tempo raggiunge un'intelligenza artificiale. Per arrivare a questa dimensione, come nel caso di Asdrubali, oggi, nel 1990, perdersi dietro la distinzione di codici quali: astrazione, figurazione, geometria, riduzione o “poverismo”, è semplicemente reazionario. Nella loro definizione questi codici, ormai, fissano il loro limite storico entro il quale l'immagine non può rinnovarsi.

Cinzia Piccioni